L’ITCI è da sempre impegnato nella ricerca, nell’elaborazione e nello sviluppo del Modello Cognitivo- Interpersonale da applicare in ambito psicoterapeutico. Il lavoro prodotto in questi anni è stato raccolto nel manuale di psicoterapia cognitivo interpersonale, oggi nella sua seconda edizione (Edizioni Alpes Italia, 2019, EAN: 9788865311271). Il volume, a cura del prof. Cantelmi, riprende e rilancia l’originalità del contributo di Guidano, arricchisce l’integrazione della Benjamin e si apre a spunti nuovi e di estremo interesse grazie alla vivace ricerca dei collaboratori della FederPsi.
Il cognitivismo interpersonale (Cantelmi, 2008, Toro, 2009, Cantelmi, Toro, Lambiase,2010), affonda le sue radici nel post-razionalismo sviluppato da Vittorio Guidano (1987, 1991, 2007, 2008), sebbene non si identifichi esattamente con esso, per il costante confronto con la teoria interpersonale di Lorna Benjamin (1993, 2003) e con le nuove acquisizioni scientifiche in campo cognitivo comportamentale (Schema Therapy, ACT); tali acquisizioni, o “riscoperte” vanno attualmente modificando alcuni aspetti importanti della visione costruttivista, che, pure, manteniamo quale cornice. Consideriamo, inoltre, indispensabile, il riferimento alla teoria di Bowlby, in quanto meta teoria all’interno della quale si possono collocare cognitivismo e teoria interpersonale.
Rispetto al modello di Guidano viene dedicata maggiore attenzione agli stili interpersonali del paziente e, in particolare, alle modalità ripetitive nella relazione con sé stessi e con gli altri (i cicli interpersonali). La mente viene quindi considerata, così come per Guidano, come un sistema che produce conoscenza al fine di mantenere la sua coerenza ed unitarietà interna, considerando le informazioni che riceve come delle perturbazioni da assimilare. Tale conoscenza, sebbene prodotta internamente, viene costantemente sollecitata dall’esterno e, la mente stessa, si produce grazie all’interazione con gli altri (Siegel, 1999; Liotti, 1994; Cozolino, 2006). La mente, quindi, pur producendo la conoscenza al suo interno cercando di mantenere la sua coerenza e la sua unitarietà, nasce all’interno delle relazioni e, pertanto, attraverso i cicli interpersonali cerca di fare in modo che anche il mondo relazionale si conformi alla sua organizzazione interna (quindi ognuno di noi non solo riceve perturbazioni ma, a sua volta, intenzionalmente o meno perturba gli altri). Il mondo interpersonale, però, è costituito da persone che cercano di fare la stessa cosa e, quindi, si crea un equilibrio costantemente dinamico tra costanza e cambiamento, tra perturbazioni reciproche che sollecitano al cambiamento le singole menti in cerca della propria coerenza e unitarietà, producendo sistemi relazionali in cerca della loro coerenza e unitarietà.
La teoria e tutto il pensiero di Guidano hanno suscitato le critiche di alcuni Autori (Lalla, 2008, 22-35; Mancini, 2009, 1-10) che, riportando fedelmente tutta la ricostruzione storica del suo pensiero, definiscono con fermezza che la sua è un’epistemologia “dura”, ossia “pesante”. Partendo da questa considerazione, sarebbe nostro intento cercare di considerare l’individuo come un sistema chiuso riguardo all’ontogenesi, ma aperto a una moltitudine di sviluppi liberi.
L’autopoiesi del Sé, dunque, è considerata dal modello come una tendenza, una spinta che ha lo scopo di mantenere stabile l’identità nel confine del rapporto con gli altri, ma non condivide un’epistemologia che oggettivizzi tale tendenza rendendola una necessità “metafisica”. La tendenza a dare significato, secondo i medesimi processi funzionali, può essere riconosciuta solamente a posteriori e non esclude altri vincoli strutturali per il Sé, come, ad esempio, il mantenimento di una sufficiente autostima. Anche per l’individuo, infatti, accanto ai momenti di “scienza normale”, esistono i periodi di crisi e ristrutturazione, ove si generano non tanto nuovi contenuti, ma si può verificare l’emergenza di nuovi processi significanti. Ciò è teoreticamente possibile, se non si intende l’autopoiesi come un attributo strutturale e si intende l’attaccamento come un sistema bidimensionale. Guidano arriva a concepire l’individuo come un sistema cognitivo complesso in equilibrio dinamico che, essendo aperto dal punto di vista strutturale, si organizza autoreferenzialmente e tende a mantenere una coerenza interna e una continuità del senso di sé attraverso la ricerca attiva di un significato personale costante. Senza togliere nulla al suo pensiero, l’obiettivo del modello cognitivo – interpersonale è quello di cercare di capire come l’individuo può trovare una sua coerenza interna anche prendendo in considerazione tutte le sue relazioni con il mondo, con gli altri e con la società in cui vive. Sono considerate, allora, parzialmente meno vincolanti le prime esperienze, tenendo conto del modello bidimensionale dell’attaccamento, in cui pattern diversi di attaccamento non si escludono a vicenda e non danno luogo a itinerari già scritti. È fondamentale, secondo il modello, considerare la cultura, il contesto dove l’individuo cresce e si forma come persona, ed è giusto sottolineare come nella pratica clinica non per forza occorre considerare la relazione di attaccamento (punto di partenza nella teoria guidaniana) per poter comprendere e aiutare un paziente, bensì tenere conto del suo presente, del qui et ora e analizzare insieme che cosa lo ha portato allo scompenso. Le emozioni certamente sono fondamentali e rivestono un ruolo primario nell’individuo, ma occorre anche soffermarsi sulle dimensioni che fanno comunque parte dell’individuo.